Il peso di troppe partite: come un calendario sovraccarico influisce sull’allenamento e sui giovani calciatori

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Carico Calendario

Negli ultimi anni, il calcio mondiale ha subito una profonda trasformazione, non solo dal punto di vista tattico, ma anche nella gestione fisica e mentale dei giocatori. L’aumento vertiginoso del numero di partite stagionali — tra campionati, coppe, competizioni europee e impegni internazionali — sta mettendo a dura prova atleti e staff tecnici. Ma il problema non riguarda solo i professionisti affermati: le conseguenze di un calendario sovraccarico colpiscono anche i giovani e la qualità dell’allenamento. 1. Sovraccarico di partite e calo della qualità dell’allenamento Nel calcio moderno, le squadre di vertice possono giocare fino a 60–70 partite all’anno, un ritmo che lascia pochissimo spazio al recupero o a un lavoro tecnico-tattico approfondito. Gli allenatori, costretti a gestire le energie dei propri giocatori, trasformano molte sessioni in semplici allenamenti di mantenimento. In passato, settimane con una sola partita ufficiale permettevano agli allenatori di lavorare su: · movimenti di squadra, · schemi offensivi e difensivi, · abilità tecniche individuali. Oggi, invece, la priorità è la gestione fisica. Come afferma spesso Pep Guardiola: “non ci alleniamo più, recuperiamo”. Questo fenomeno limita lo sviluppo dei giocatori, che si trovano a giocare di più e ad allenarsi di meno. 2. Conseguenze fisiche: infortuni e usura precoce Il corpo umano ha limiti naturali. L’aumento delle partite e la pressione per mantenere alte prestazioni portano a un rischio maggiore di infortuni muscolari e affaticamento cronico. Studi UEFA e FIFA hanno mostrato che negli ultimi cinque anni gli infortuni da sovraccarico sono aumentati del 25% nei principali campionati europei. Giocatori come Kevin De Bruyne, Pedri o Vinícius Jr. hanno denunciato l’impatto devastante di calendari troppo intensi. Il rischio maggiore, tuttavia, riguarda i giovani talenti, costretti a sopportare carichi e ritmi da adulti, con corpi ancora in fase di sviluppo. Ciò può portare a cali di rendimento o, nei casi più gravi, a carriere compromesse. 3. Giovani e sviluppo rallentato Nel calcio giovanile, l’eccesso di competizioni — tra tornei, campionati e amichevoli — ha creato una cultura del “giocare sempre” invece del “allenarsi bene”. Molti ragazzi passano settimane intere in campo senza il tempo di assimilare concetti tattici o migliorare le proprie basi tecniche. Inoltre, la pressione per ottenere risultati immediati spinge club e allenatori a trattare i giovani come piccoli professionisti, riducendo la loro libertà creativa e aumentando il rischio di burnout psicologico. Secondo diversi preparatori atletici, tra i 14 e i 18 anni dovrebbe prevalere l’allenamento tecnico e tattico rispetto alla competizione. Tuttavia, i tornei internazionali e i calendari scolastici rendono difficile rispettare tali principi. 4. Impatto mentale: stress, fatica e motivazione Oltre all’aspetto fisico, un calendario troppo pieno influisce anche sulla salute mentale dei giocatori. La pressione costante di giocare, viaggiare e performare porta molti — soprattutto giovani — a perdere entusiasmo e motivazione. I recenti casi di burnout nel calcio giovanile europeo dimostrano come l’eccesso di partite possa minare la passione per il gioco. 5. Possibili soluzioni Le federazioni e gli organismi internazionali discutono da anni di una riforma del calendario. Tra le misure proposte: · limitare il numero massimo di partite stagionali, · introdurre periodi di riposo obbligatori, · privilegiare la qualità dell’allenamento rispetto alla quantità delle competizioni, · proteggere i giovani con regole specifiche su minutaggio e recupero. La tecnologia può svolgere un ruolo importante: grazie ai sistemi GPS e all’analisi dei dati biometrici, i preparatori possono monitorare con precisione il carico di lavoro di ogni giocatore e prevenire il sovrallenamento. Conclusione Il calcio moderno vive una profonda contraddizione: più partite significano più spettacolo e profitti, ma anche meno qualità tecnica, più infortuni e meno sviluppo giovanile. Per garantire un futuro sostenibile, è necessario trovare un equilibrio tra spettacolo e salute, tra competizione ed educazione. Solo così il calcio potrà continuare a crescere senza esaurire prematuramente i suoi protagonisti.


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